LA RISOLUZIONE DEI
CONFLITTI NELL'AMBITO SPORTIVO |
1.
Considerazioni preliminari.
Al fine di discutere della
risoluzione dei conflitti sportivi -- intendendo in generale per
"conflitto sportivo" qualsiasi situazione litigiosa connessa allo
sport --, occorre preliminarmente prendere atto che, primo, alcuni conflitti
non sono risolvibili con strumenti giuridici e, secondo, non tutti i
conflitti sono risolvibili nello stesso modo. Il primo problema deriva dal
fatto che alcuni conflitti sportivi sono in effetti non conflitti giuridici
bensì di "politica sportiva" -- ad esempio, tra una federazione
internazionale ed un comitato olimpico o tra una federazione e una lega --,
nei quali si contestano o si tentano di modificare le regole sportive
esistenti, ovvero nei quali non esistono norme certe da applicare. Oppure, vi
sono casi dove le norme da applicare esistono e non sono contestate, ma nei
quali l'elemento "politico" è talmente prevalente da soffocare
quello giuridico. In tutti quei casi in cui il conflitto sportivo è solo
politico, o è misto politico-giuridico, è molto difficile pensare che il
diritto possa tranquillamente risolvere i conflitti sportivi. Anche lasciando tale problema al
di fuori della presente analisi, e limitandoci all'esame dei conflitti sportivi di tipo giuridico
-- che d'ora innanzi possiamo definire più propriamente "controversie
sportive" --, il giurista deve comunque fare i conti con il secondo
problema sopra indicato. Infatti, si possono ricomprendere nella categoria
delle controversie sportive vari tipi di conflitti giuridici riguardanti lo
sport, e non tutti possono essere risolti nello stesso modo. In particolare,
mentre alcuni tipi di conflitti sportivi sono risolvibili all'interno degli
stessi ordinamenti giuridici delle istituzioni sportive, altri sono difficili
da sottrarre alla giurisdizione statale (ad esempio, nel caso di violazione
di diritti civili o nel caso di questioni riguardanti il rispetto di norme pubblicistiche)
o comunitaria (nel caso del rispetto di principi fondamentali dei Trattati europei). In effetti, in tema di
controversie sportive, la questione giuridica principale che il mondo dello
sport si trova di fronte è sempre la stessa: come risolvere tali controversie
mediante strumenti giuridici predisposti dallo stesso mondo dello sport,
limitando così, per quanto possibile, l'intervento delle giurisdizioni
ordinarie e la connessa interferenza tra il diritto statale, infra-statale
(quale quello "autonomico") o extra-statale (quale quello della
Comunità europea) e il diritto proprio delle istituzioni sportive. Tuttavia,
al fine di procedere in questa direzione, occorre preliminarmente riflettere
sul fatto che non esiste una categoria unitaria di controversia sportiva ma,
piuttosto, che esiste una pluralità di categorie di controversie sportive.
Una volta distinte e classificate le varie categorie di controversie
sportive, si può meglio affrontare il problema della loro risoluzione.
Infatti, come si vedrà, il mondo dello sport non può pensare di poter
risolvere al proprio interno controversie sportive di tutte le categorie, ma
è certamente in grado di prevenirne e risolverne molte. 2. Classificazione delle
controversie sportive
Le controversie sportive possono
essere classificate in base a differenti criteri, ciascuno dei quali si
espone ad inevitabili obiezioni. In effetti, qualsiasi classificazione può
essere ritenuta, in una certa misura, arbitraria. In ogni caso, tra le varie
classificazioni possibili, quella che ai nostri fini sembra essere più utile
è una che utilizzi un criterio di tipo "soggettivo", basato cioè
sulla identità e qualità delle parti contrapposte. In tal modo, è possibile
isolare alcune categorie di controversie nelle quali si trovano le più
complesse interferenze e sovrapposizioni tra gli ordinamenti giuridici
sportivi e gli ordinamenti pubblici di tipo statale, infra-statale o
extrastatali, prospettando alcune ipotesi di lavoro per limitare tali
interferenze e sovrapposizioni. Sulla base di tale criterio
"soggettivo", è possibile individuare le seguenti categorie di
controversia sportiva: 2.1. Ipotesi
in cui nessuna delle parti della controversia sia una istituzione sportiva o
un soggetto affiliato ad una istituzione sportiva. Se nessuna delle parti della
controversia è una istituzione sportiva o un soggetto affiliato ad una
istituzione sportiva, non esistono grossi problemi di interferenza con gli
ordinamenti giuridici delle istituzioni sportive. In questo caso, la
connessione con lo sport è meramente di fatto. Un esempio potrebbe essere
quello della controversia in materia di diritto della concorrenza nella quale
un gruppo di canali televisivi ha proposto appello contro la decisione della
Commissione C.E. che aveva concesso un'esenzione individuale alla European
Broadcasting Union in relazione all'acquisto dei diritti di trasmissione
televisiva degli avvenimenti sportivi. La controversia è poi stata decisa dal
Tribunale di prima istanza della C.E. in favore dei networks ricorrenti con
sentenza dell'11 luglio 1996. In casi come questi le
istituzioni sportive ed i loro affiliati sono certamente spettatori
interessati, ma nulla più. 2.2. Ipotesi in cui una
delle parti della controversia sia affiliata ad una istituzione sportiva. Se una sola parte della
controversia, sia essa l'attore o il convenuto, è un soggetto (atleta, club o
altro) affiliato ad una istituzione sportiva, mentre l'altra parte è un
soggetto estraneo al mondo sportivo, è possibile osservare alcune
ripercussioni sugli ordinamenti sportivi, pur non potendosi parlare di una
vera e propria interferenza con questi ultimi. Infatti, gli ordinamenti
sportivi non possono pretendere che un soggetto esterno a tali sistemi si
appelli alle istanze giudiziarie sportive. Per esempio, se il fornitore di
materiale sportivo non è pagato da un club, egli citerà il club davanti al
giudice ordinario e, se ne ricorrono gli estremi, potrà anche presentare
un'istanza di fallimento. Viceversa, se uno sponsor non paga le somme
convenute ad un club o ad un atleta, questi ultimi possono certamente citare
in giudizio lo sponsor davanti al giudice ordinario. In questo caso, come nel
precedente, non sorgono particolari problemi. Tuttavia, all'interno di questa
categoria si devono includere anche quei casi nei quali l'altra parte è
un'autorità pubblica. Un esempio sono quei casi penali nei quali lo Stato,
tramite la sua magistratura, persegue un atleta o i responsabili di un club
per reati ipoteticamente commessi dagli stessi nel corso di una competizione
sportiva. In questi casi, sebbene il diritto statale consideri sovente certe
azioni prive di conseguenze penali (l'esempio tipico è quello delle lesioni
cagionate durante lo svolgimento di un incontro di boxe), è possibile
tuttavia che si verifichino alcune interferenze o contrasti tra il diritto
sportivo ed il diritto statale. Un esempio di questa situazione può essere il
corrente processo penale in corso a Imola (Italia) nei confronti dei responsabili
del team Williams di Formula 1 e di quelli
del circuito di Imola per presunte responsabilità degli stessi nella morte di
Airton Senna. 2.3. Ipotesi in cui una
parte della controversia sia una istituzione sportiva. In questa categoria rientrano
quei casi in cui una parte della controversia è una istituzione sportiva
(federazione, lega o comitato olimpico), mentre l'altra parte è un soggetto
estraneo al mondo sportivo. Si tratta di una categoria simile alla precedente,
con l'importante differenza che la parte collegata allo sport non è un
singolo club o atleta ma è la stessa istituzione sportiva. Si tratta di un tipo di
controversia che si presenta particolarmente delicata ogni qual volta
l'istituzione sportiva è convenuta in giudizio ovvero è denunciata ad
un'autorità amministrativa. In questi casi, infatti, l'istituzione sportiva
dovrà difendere davanti ad un giudice ordinario o ad un'autorità
amministrativa la legittimità della sua condotta ai sensi del diritto applicabile
(statale, infra-statale o extra-statale). Negli ultimi anni, i tipici esempi
di questo tipo di controversia sono stati i diversi procedimenti antitrust
proposti contro istituzioni sportive. Per esempio, si possono ricordare i
seguenti casi di diritto della concorrenza:
Come si evince da questi esempi,
si tratta di controversie complesse. Tuttavia, qui non si tratta in realtà di
casi dove gli ordinamenti statali potrebbero essere accusati di ingerirsi
nell'ordinamento sportivo. Si tratta piuttosto di casi nei quali le
istituzioni sportive si rivolgono al mercato e cercano di sfruttarne le
opportunità economiche -- circostanza perfettamente legittima ed anzi
auspicabile -- agendo nel contesto dell'ordinamento giuridico generale. In altre parole, allorché le
istituzioni sportive cercano sponsor o vendono diritti di trasmissione
televisiva, non possono certo ignorare o, ancora peggio, violare le norme
statali cogenti che disciplinano le attività economiche. È ovviamente
impensabile che in casi di questo tipo si possano risolvere le controversie
all'interno del sistema sportivo. 2.4. Ipotesi in cui
entrambe le parti della controversia siano istituzioni sportive o soggetti
affiliati a queste ultime.
In questa categoria sono
ricomprese le controversie nelle quali un individuo o un club affiliato ad
una determinata istituzione sportiva si trova in conflitto con un altro
individuo o club anch'esso affiliato, o addirittura con la stessa istituzione
sportiva. In altre parole, si tratta di controversie che, in teoria,
potrebbero essere risolte interamente all'interno dell'ordinamento sportivo,
dato che tutte le parti coinvolte ne fanno parte, e che invece sono sempre
più spesso portate davanti alle corti statali. Una sotto-classificazione può
essere tentata di questo tipo di controversie: (a) Le controversie tecniche. Si tratta di controversie
strettamente connesse con l'applicazione delle norme sportive tecniche. La
maggior parte di tali norme, ancorché non tutte, sono applicate direttamente
durante lo svolgimento della competizione sportiva da parte degli arbitri o
dei giudici di gara e sono inappellabili, vale a dire non sono soggette ad
alcun tipo di revisione successiva. Peraltro, alcune di tali controversie
sorgono prima o dopo la gara e sono soggette alle decisioni di apposite
istanze sportive. Per esempio, nella vela, controversie tecniche successive
allo svolgimento della gara sono all'ordine del giorno e risultano
proceduralmente organizzate (con udienze, testimoni, appelli e così via). (b) Le controversie
amministrative. Si tratta di controversie che
nascono da ricorsi proposti da individui o club contro regolamenti o misure
adottate dalle istanze sportive nell'ambito della loro amministrazione
dell'attività sportiva. A titolo di esempio, possiamo ricordare le
controversie relative al problema dell'ammissione o no di un atleta o di un
club ad una determinata competizione. Si possono menzionare a questo
proposito: i casi francesi relativi alle squadre Girondins de Bordeaux e Chamois Niortais (decisioni
del Consiglio di Stato del 10 maggio e del 13 novembre 1993); il caso
spagnolo Smith c. ACB (decisione del Tribunale di prima istanza
di Barcelona del 18 novembre 1991, confermato dalla Corte Provinciale di
Appello di Barcelona il 23 marzo 1992); i casi italiani Club Calcio Catania c. FIGC e CONI
(varie decisioni, l'ultima delle quali da parte del Consiglio di Stato in
data 30 settembre 1995), nonché il caso Gay
c. FIP, deciso nel settembre 1995 dal TAR Lazio. A ben vedere, lo
stesso caso Bosman (sentenza
della Corte di Giustizia delle Comunità europee in data 15 dicembre 1995)
rientra in questa categoria, così come i casi Deliège(1)
e Lehtonen(2) attualmente pendenti davanti alla Corte di
giustizia. (c) Le controversie
disciplinari. Questa categoria dovrebbe in
teoria essere inquadrata nell'ambito della categoria precedente, ma la sua
peculiarità ed importanza la rende autonoma. Si tratta, invero, di dispute
che nascono a seguito di misure punitive
adottate dalle istituzioni sportive nei confronti di individui o clubs
affiliati. Tali misure punitive possono essere adottate in relazione a
comportamenti tenuti durante lo svolgimento di gare ovvero al di fuori di
queste. Un esempio tipico è quello che riguarda il rispetto delle regole sul doping: si possono ricordare a
questo proposito il caso americano Butch
Reynolds c. IAAF (decisione della
Corte distrettuale dell'Ohio del 3 dicembre 1992) e il caso tedesco Katrin Krabbe c. Federazione tedesca di
atkletica leggera e IAAF (decisione del Tribunale di Monaco del
17 maggio 1995). Si possono menzionare anche esempi al di fuori del doping, come il caso Olympique Marseille c. UEFA
(ordinanza del Presidente del Tribunale di Berna in data 9 settembre 1993). Va detto che i confini di tale
categoria di dispute rispetto ad entrambe le categorie precedentemente
illustrate non sono sempre chiari. (d) Le controversie
economiche. Si tratta di controversie tra
clubs o individui affiliati alle istituzioni sportive, nelle quali una parte
parti chiede all'altra il risarcimento di perdite subite, in relazione a
violazioni contrattuali o extracontrattuali. A differenza delle controversie
"amministrative" e "disciplinari", queste controversie
non comportano un'azione contro una misura adotttata da un'istanza sportiva.
In tali dispute, l'istanza sportiva si trova al di sopra delle parti. Un
esempio tipico è quello della controversia tra un giocatore ed un club,
ovvero tra due club, per il mancato pagamento delle somme contrattualmente
previste. (e) Le controversie
interistituzionali. Si tratta di controversie tra
istituzioni sportive che, avendo ciascuna il proprio ordinamento giuridico,
non si riconoscono vincolate dalle decisioni di altre istituzioni. Simili
controversie sono ad esempio insorte tra comitati olimpici nazionali e
federazioni internazionali. Da un punto di vista prettamente formale, si
potrebbe argomentare che tali controversie non rientrano in nessuno specifico
ordinamento sportivo. Tuttavia, da un punto di vista sostanziale, tali
dispute rilevano ai fini di quello che potremmo chiamare il "diritto
sportivo interistituzionale" (e che è stato definito in dottrina come il
"diritto sportivo internazionale"), in quanto le stesse risultano
molto più legate all'ordinamento sportivo che non agli ordinamenti statali. 3. Considerazioni sulla
risoluzione delle controversie sportive. Abbiamo dunque visto come
sussistano varie categorie di controversie sportive. Risulta abbastanza
evidente dalla classificazione presentata che per molte categorie di
controversie definibili come sportive (punti 2.1-2-3), le istituzioni
sportive ben difficilmente possono pretendere di riuscire a risolvere le
controversie con strumenti da esse creati. In particolare, quando le
istituzioni sportive escono dal proprio ambito e si pongono volontariamente
sul piano del mercato e della commercializzazione del "prodotto
sport", devono assolutamente tenere conto delle norme che regolano il
mercato e il commercio e, dunque, sottostare necessariamente alla
giurisdizione dei giudici ordinari. Certo, si può auspicare che i giudici
ordinari, nel valutare questioni connesse allo sport e nel prendere le loro
decisioni, tengano conto della peculiarità di questo fenomeno (soprattutto in
materia di diritto antitrust, dove occorre essere molto cauti nel trasferire
automaticamente allo sport schemi di analisi validi per altri settori
commerciali), ma questo è tutto quello che il mondo dello sport può sperare
di ottenere. Occorre invece concentrare
l'attenzione sulla categoria di controversie dove entrambe le parti sono
istituzioni sportive o soggetti (clubs o atleti) affiliati a queste ultime
(punto 2.4). È soprattutto nell'ambito dell'ultima categoria, infatti, che si
pone il problema della sovrapposizione tra l'ordinamento statale e
l'ordinamento sportivo. In effetti, in tutti i casi sopra citati come
esempio, si è verificato che un club o un atleta non è rimasto soddisfatto
delle regole sportive vigenti, della decisione adottata o del procedimento
seguito dalla istituzione sportiva cui era affiliato, e si è quindi rivolto
alla giustizia ordinaria. Così i giudici statali (o comunitari) sono stati
chiamati a pronunciarsi su dispute che ben avrebbero potuto essere risolte
nell'ambito del sistema sportivo. Va detto che tali interventi dei giudici
ordinari raramente sono stati felici, data la scarsa conoscenza del fenomeno
sportivo e delle sue peculiarità. Tuttavia, non serve a nulla che
le istituzioni sportive protestino a
posteriori in quanto si sentono violate nella loro autonomia. Le
istituzioni sportive devono invece predisporre a priori gli opportuni strumenti giuridici atti a
prevenire una eccessiva ingerenza dei giudici ordinari nell'ambito dello
sport. Molti dei casi catalogabili sub
2.4, infatti, potrebbero essere risolti in anticipo dalle stesse istituzioni
sportive, in tal modo evitando l'intervento e l'ingerenza delle corti statali
o extra-statali. Va d'altronde ricordato che in
campo commerciale gli ordinamenti statali sempre più consentono ai privati di
risolvere le loro controversie mediante l'arbitrato o mediante i
cosiddetti mezzi di Alternative
Dispute Resolution, tra i quali primariamente la conciliazione.
Questa tendenza verso la giustizia privata è invero vantaggiosa sia per gli
Stati che per le parti in controversia. Da un lato, lo Stato risparmia tempo
e risorse che può usare più efficientemente per controversie vertenti su
argomenti meno specialistici. D'altro lato, i privati (nonostante i costi
talvolta maggiori rispetto alla giurisdizione ordinaria) possono ottenere una
soluzione della controversia più rapida e una decisione affidata a degli
esperti del settore, i quali possono anche applicare norme consuetudinarie
propri del mondo sportivo e riconducibili ad una sorta di lex sportiva (paragonabile
alla lex mercatoria).
In linea di principio, non c'è
motivo per cui analoghe considerazioni non debbano applicarsi anche alle
controversie sportive: queste possono essere risolte con strumenti giuridici
privati in modo efficiente e competente. Va tra l'altro sottolineato che i
giudici statali non hanno una particolare convenienza o un particolare
interesse nel risolvere controversie sportive (sebbene qualche volta la
pubblicità derivante dall'occuparsi di questioni sportive sia tentatrice).
Tuttavia, gli strumenti di giustizia privata utilizzati per risolvere le
controversie sportive debbono indubbiamente affinarsi. Innanzi tutto, le istanze
giudiziali interne alle federazioni sportive devono seguire procedure che
tutelino certi principi procedurali fondamentali. Inoltre, si devono
predisporre dei meccanismi di giustizia privata, quali in particolare la
conciliazione e l'arbitrato, che formino una sorta di diaframma tra le
istanze giudiziali interne delle istituzioni sportive e i giudici statali. 3.1. Rispetto di principi
procedurali da parte delle istituzioni sportive. Nessun giudice statale passerà
facilmente sopra, ad esempio, a violazioni:
Se tali principi e requisiti
venissero sempre rispettati nelle procedure interne delle federazioni, molte
occasioni di conflitto giuridico-sportivo verrebbero probabilmente prevenute.
3.2. Arbitrato. L'arbitrato è un meccanismo
troppo noto per dilungarsi nella sua descrizione. Come è noto, esso si attua
mediante l'accordo delle parti volto a attribuire ad uno o più individui,
"terzi" rispetto alle parti, la competenza a risolvere una determinata
controversia già insorta ovvero eventuali controversie future. La decisione
dell'arbitro o del collegio arbitrale è vincolante per le parti, anche se è
poi piuttosto delicata la fase dell'esecuzione della decisione medesima.
Infatti, onde poter essere efficace nell'ordinamento generale (vale a dire
onde poter ottenere eventualmente l'exequatur),
devono essere rispettati tutti i criteri richiesti dalle varie leggi
nazionali sull'arbitrato e dalle Convenzioni di New York del 1958 e di
Ginevra del 1961. Soprattutto, devono essere rispettati i requisiti
dell'attribuzione consensuale di competenza, della "terzietà"
dell'arbitro e del rispetto di certe forme procedurali. Nel mondo dello sport
sono frequenti i meccanismi arbitrali, anche se occorre distinguere tra quelli
che sono giuridicamente tali e quelli che di arbitrale hanno solo il nome. Si
pensi solo al cosiddetto "Arbitration Panel" della federazione
internazionale di atletica leggera ("IAAF"),
dove i sei membri del Panel sono nominati dalla IAAF e si trovano a giudicare
anche di controversie di cui è parte la IAAF stessa, con una procedura alla
quale gli atleti sono soggetti sulla base della mera affiliazione ad una
federazione nazionale (Regole IAAF 21-23). Probabilmente nessun giudice
statale conferirebbe l'exequatur
alla pronuncia dell'Arbitration Panel della IAAF. Invece, il Tribunale Arbitrale
dello Sport di Losanna ("TAS"), sebbene fondato dal CIO nel 1984, può essere effettivamente
considerato una istituzione arbitrale indipendente: invero, il Tribunale
Federale Svizzero ha statuito che il lodo pronunciato dal TAS costituisce una
vera e propria sentenza arbitrale, alla luce delle garanzie di imparzialità
offerte dal suo statuto (sentenza del 15 marzo 1993). Nel 1994, a seguito di
questa sentenza e dei dubbi che comunque essa sollevava, è stato migliorato
per molti aspetti lo statuto e sciolto il legame formale con il CIO mediante
la creazione di un Consiglio Internazionale per l'Arbitrato Sportivo
("CIAS"), il quale sovrintende alla gestione del TAS e alla nomina
della lista di arbitri da cui devono essere scelti i membri dei singoli
collegi. La lista di arbitri è formata di giuristi di comprovata esperienza
nel settore dello sport sulla base delle indicazioni che provengono da tutte
le componenti del mondo sportivo (federazioni, associazioni, comitati
olimpici, sindacati di atleti e così via). Il TAS può essere usato per
qualsiasi controversia sportiva a condizione, ovviamente, che le parti gli
abbiano assegnato la competenza a decidere. Già molte federazioni sportive
internazionali hanno inserito nello statuto o in specifici regolamenti di
gara la competenza del TAS a risolvere in appello reclami di atleti o clubs
affiliati contro la federazione (un esempio può essere la EuroLeague di
pallacanestro, dove è prevista questa possibilità, che stava per essere
utilizzata l'anno scorso dal Barcelona FC contro la FIBA). È interessante
segnalare che in occasione dei Giuochi Olimpici di Atlanta, il CIAS ha
istituito sul luogo una camera arbitrale ad
hoc del TAS per risolvere eventuali controversie senza
l'intromissione dei temutissimi giudici americani. Ciò ha consentito una
rapida ed efficace risoluzione delle controversie insorte. Particolare valore
assume infatti la concentrazione
di tutte le vicende che riguardano l'evento sportivo olimpico: le
controversie -- in particolare di natura tecnica e disciplinare -- che
possano insorgere in relazione alla competizione olimpica devono poter essere
risolte nel corso della stessa, così da non pregiudicarne lo svolgimento. Il modello del TAS potrebbe
essere utilizzato anche all'interno dei singoli Paesi. Il TAS appare infatti
particolarmente adatto a risolvere le controversie sportive di tipo transnazionale,
ma non per quelle meramente nazionali. Non è pensabile di affidare tutte le
controversie sportive ad una sola istituzione in Svizzera: anche i costi
sarebbero eccessivi. Invece, in ciascun Paese potrebbero essere create camere
arbitrali -- così come avviene per le camere di commercio in giro per il
mondo -- cui affidare la risoluzione di un vasto numero di controversie
sportive (possibilmente tutte quelle della categoria indicata sub 2.4). Se poi questi
meccanismi arbitrali sportivi vengono stabiliti per legge, ovviamente ciò va
a tutto vantaggio delle istituzioni sportive, 3.3. Conciliazione. La conciliazione è in sostanza
una negoziazione facilitata dall'intervento di un terzo autorevole e
imparziale, il quale propone alle parti una soluzione della controversia per
esse non vincolante. Lo scopo è quello di guidare le parti verso il
raggiungimento di un accordo che in qualche misura soddisfi entrambe le
parti. A differenza dell'arbitrato o del giudizio ordinario, dove si mira ad
attribuire alle parti le responsabilità per azioni passate, le procedure di
conciliazione, pur tenendo certamente conto di tali responsabilità, tendono a
tutelare e migliorare le future relazioni delle parti mediante soluzioni
anche creative. In particolare, la conciliazione ha il vantaggio della
informalità e della assenza di limiti giuridici procedurali (ad esempio, può
essere utile per il conciliatore incontrare le parti anche separatamente,
dunque senza contraddittorio diretto) o sostanziali (ad esempio, la soluzione
prospettata dal conciliatore non deve essere giustificata sulla base di una
rigorosa logica giuridica). È interessante segnalare che in
Francia è stato istituito per legge (art. 19 della loi n. 84-610 del 16 luglio
1984, così come emendato dalla loi
n. 92-652 del 13 luglio 1992), presso il Comitato olimpico francese
("CNOSF"), una procedura di conciliazione che, nei casi di azioni
nei confronti delle federazioni, è obbligatorio utilizzare in via preliminare
rispetto all'eventuale azione davanti al competente giudice statale(3). L'obbligatorietà ex lege della procedura conciliativa determina
ovviamente la irricevibilità di un'eventuale azione davanti al giudice
statale. I conciliatori sono 15 autorevoli giuristi (professori universitari,
magistrati, avvocati) esperti di questioni sportive, e ne viene nominato uno
per ogni controversia. La procedura si distacca parzialmente dalla
tradizionale conciliazione in quanto al termine, se le parti non trovano
l'accordo, il conciliatore sottopone una proposta di soluzione alle parti
basata (anche se non strettamente) sul diritto; se entro un mese le parti non
rigettano tale proposta, la proposta del conciliatore si ritiene accettata.
Il meccanismo conciliativo francese ha dimostrato una notevole efficacia
temporale -- i procedimenti sono durati da un minimo di 48 ore ad un massimo
di 2 mesi -- e ha indubbiamente avuto un notevole successo: sulla base dei
dati statistici a disposizione, su 236 controversie sottoposte a
conciliazione, 56 si sono concluse con l'accordo in udienza delle parti, in
112 casi le parti hanno accettato la proposta del conciliatore mentre in 68
casi la proposta è stata rigettata da una o entrambe le parti; tuttavia, in
soli 17 casi (il 7,2% del totale) la controversia è stata poi portata davanti
a un giudice statale. 4. Conclusioni. Lo sport odierno di alto livello
è caratterizzato dal coinvolgimento di notevoli interessi economici. Le
istituzioni sportive quali federazioni, leghe o comitati olimpici non possono
più pensare di usufruire di quella sorta di "immunità dalla
giurisdizione" di cui hanno goduto nel passato. Invero, finché le somme
in gioco erano basse, non era particolarmente conveniente portare le
questioni di fronte a giudici statali e si tendeva ad accettare più
facilmente le decisioni delle istituzioni sportive. Essendo mutate le
circostanze economiche, ed essendo dunque aumentata la conflittualità nel
settore sportivo, occorre predisporre meccanismi di risoluzione delle
controversie adeguati. Come si è detto, resterà comunque
un'ampia sfera di conflittualità sportiva concernente norme statali
imperative, la quale dovrà essere in ogni caso risolta dai giudici statali.
Tuttavia, nell'ambito dei cosiddetti diritti disponibili e particolarmente in
riferimento alle controversie tra istituzioni sportive e atleti o clubs
affiliati ad esse, la giustizia privata sportiva può proporsi in modo
complementare rispetto alla giustizia pubblica mediante meccanismi arbitrali
e conciliativi. Ciò può essere rafforzato dalla previsione legislativa dello
Stato, come è avvenuto in Francia con la descritta procedura conciliativa,
ovvero in Spagna con gli articoli 87-88 della Ley del Deporte n. 10/1990 del 15 ottobre 1990,
dove si prevedono i requisiti minimi da rispettare per poter inserire dei
meccanismi arbitrali o conciliativi negli statuti di federazioni, leghe o
clubs sportivi. Note: 1. Il 16 febbraio 1996 il Tribunale di prima
istanza di Namur (Belgio) ha interpellato in via pregiudiziale la Corte di
giustizia comunitaria in occasione di un giudizio promosso dalla judoka belga
Christelle Deliège contro la federazione belga di judo (caso n. C-51/96). Il
Tribunale di Namur chiede alla Corte di giustizia se siano compatibili con il
Trattato CE le regole delle federazioni sportive che prevedono: (a) che gli atleti per
partecipare alle competizioni internazionali debbano essere prima selezionati
dalle rispettive federazioni nazionali; (b)
che alle competizioni internazionali possano accedere non più di un certo numero
di atleti della stessa nazionalità. In sostanza, la judoka belga sostiene che
le federazioni non dovrebbero essere libere di selezionare a loro discrezione
gli atleti che vanno a rappresentarle nelle gare internazionali. Il pericolo
di un simile caso per tutto il sistema sportivo nazionale e internazionale è
evidente. Se il caso Bosman ha prodotto delle ferite nell'ordinamento
sportivo, una sentenza negativa sulla questione sollevata potrebbe uccidere
lo sport. Ogni Olimpiade, campionato mondiale o campionato europeo diverrebbe
il terreno di scontro, anziché di atleti, di avvocati ansiosi di apparire sui
media (e a questo
proposito non può non segnalarsi che l'avvocato della Deliège è lo stesso che
ha patrocinato Bosman ...). 2. Il 23 aprile 1996 il Tribunale di prima
istanza di Bruxelles (Belgio) ha emesso una ordinanza di rinvio alla Corte di
giustizia delle Comunità europee in occasione di un giudizio promosso dal
giocatore di pallacanestro finlandese (e dunque "comunitario") Jyri
Lehtonen e dal club belga Castors Braine contro la federazione e la lega
belga di pallacanestro.La vicenda è sorta quando il club Castors Brain ha
"perso a tavolino" la partita di campionato belga del 6 aprile 1996
in quanto vi aveva schierato in campo il giocatore Lehtonen nonostante egli
fosse stato tesserato il 3 aprile 1996, vale a dire molto dopo la scadenza
dei termini federali per il tesseramento. La Corte di giustizia deve così
pronunciarsi sulla compatibilità con il Trattato CE delle regole delle
federazioni sportive che vietano ad un club affiliato di far scendere in
campo i giocatori tesserati dopo una certa data. In sostanza, i ricorrenti
sostengono che le federazioni non dovrebbero imporre alcun limite temporale
per la tesserabilità dei giocatori. Se la Corte di giustizia dovesse
accogliere tale tesi, ciascuna società potrebbe cambiare continuamente
giocatori fino alla fine del campionato. Per fare un esempio, una società
arrivata a disputare il play-off
per lo scudetto come ottava classificata (dunque dopo una stagione regolare
mediocre), potrebbe improvvisamente pescare nuovi giocatori tra le squadre
già eliminate nel proprio Paese o in altri campionati europei e trasformare
completamente la propria squadra fino a vincere il campionato. 3. Nella parte pertinente l'art. 19 prevede: "[...] Les conflits opposant
les licenciés, les groupements sportifs et les federations sont, à la demande
d l'une des parties, soumis au CNOSF aux fins de conciliation. [...] Lorsque le conflit [...] concerne
des fédérations titulaires de la délégation du ministre chargé des sports,
qu'il résulte d'une décision prise dans le cadre de l'exercice de
prérogatives de puissance publique ou pour l'application des statuts fédéraux
et que cette décision soit ou non encore susceptible de recours internes, la
saisine du Comité national olympique et sportif français est obligatoire
préalablement à tout recours contentieux. La conciliation est mise en oeuvre
par un conciliateur désigné, pour chaque discipline sportive ou groupe de
disciplines sportives ou dans chaque région, par le Comité national olympique
et sportif français. Dans le délai d'un mois suivant la saisine, le
conciliateur, après avoir entendu les intéressés, propose une ou des mesures
de conciliation. Cette ou ces mesures sont présumées acceptées par les
parties sauf opposition notifiée au conciliateur et aux autres parties dans
un nouveau délai d'un mois à compter de la formulation des propositions du
conciliateur. La saisine du Comité national
olympique et sportif français, en application de l'alinéa précédent, suspend
l'exécution de la décision litigieuse jusqu'à cette notification. Le délai de
recours contentieux recommence à courir à compter de ladite notification. En cas de recours, la ou les
mesures de conciliation proposées sont portées à la connaissance de la
juridiction compétente. Celle-ci, lorsqu'il s'agit d'une décision
individuelle prise à l'encontre d'une personne physique ou morale par une
fédération dans l'exercice de ses prérogatives de puissance publique, est, nonobstant
toute disposition contraire, le tribunal administratif de la résidence ou du
siège des personnes faisant l'objet des décisions attaquées à la date
desdites décisions". Universitat
Oberta de Catalunya Barcelona,
23 de mayo de 1997 |